“At Night All Cats Are Grey”
Introduzione
L’occhio umano ha quattro tipi di cellule sensibili alla luce o fotorecettori, ognuno contenente un pigmento fotosensitivo differente. Un primo tipo è costituito dai bastoncelli che funzionano in condizioni di oscurità e ci forniscono il mondo buio della notte senza colori, come dice il vecchio proverbio inglese e olandese “di notte i gatti sono tutti grigi”.
Gli altri tre tipi, i coni rossi (sensibili a onde lunghe), i coni verdi (sensibili a onde medie) e i coni blu (sensibili a onde corte), funzionano con livelli di luce più intensi. Le loro differenti risposte, secondo la lunghezza delle onde, ci rendono possibile la vista dei colori durante il giorno, quando i gatti non sono più grigi. Al contrario diventano rossi, color tartaruga, lilla, marrone e persino blu.
Per qualcuno di noi, però, non esiste questo tipo di transizione: i gatti rimangono grigi sia di giorno sia di notte. Questi sono i completamente ciechi ai colori.
A differenza di chi è parzialmente cieco ai colori o di chi invece ne confonde alcuni, questo tipo di persone non ha per niente esperienza del colore.
Cecità parziale ai colori
I tipi più comuni di cecità parziale sono ereditari e colpiscono il 7,4% degli uomini e lo 0,5% delle donne in Europa e solo una piccola percentuale degli asiatici, africani, afro-americani, aborigeni, indiani d’America, popolazioni del Sud Pacifico.
Il difetto deriva da alterazioni dei geni che decodificano i pigmenti dei coni, due dei quali, i pigmenti dei coni rossi e verdi, sono legati al sesso; da qui la maggior incidenza negli uomini piuttosto che nelle donne.
La perdita di funzione di uno dei pigmenti dei coni, e quindi del corrispondente tipo di coni, riduce la visione dei colori, che in genere è tridimensionale o tricromatica – con una dimensione corrispondente a ciascuna delle sensibilità spettrali dei coni, da tridimensionale a bidimensionale o bicromatica.
Protanopia indica la mancanza del pigmento dei coni rossi; deuteranopia, la mancanza dei coni verdi e tritanopia la mancanza dei coni blu.
I primi due difetti (protanopia e deuteranopia) sono associati alla cecità per il rosso e per il verde, o per la confusione del verde e giallo e del giallo e rosso l’uno con l’altro. Differiscono principalmente nel fatto che i rossi appaiono relativamente più scuri ai pronatopi piuttosto che ai deuteranopi, perché il pigmento dei coni verdi dei deuteranopi assorbe la luce rossa con meno efficacia del pigmento dei coni rossi.
La tritanopia è, invece, associata con la cecità per il giallo e il blu o la confusione del viola, del blu e del blu-verde l’uno con l’altro. (Il termine cecità per il giallo-blu è un termine ingannevole, in quanto, se i dicromatici rossi-verdi confondono il rosso con il verde, le persone affette da tritanopia non confondono mai il giallo con il blu).
Più frequenti, ma meno gravi, forme di cecità parziale per i colori, note come tricromatismo anomalo, sono causate dalla sostituzione dei pigmenti dei coni rossi o verdi con un pigmento anomalo codificato da un gene ibrido rosso-verde o verde-rosso. Protanomalia è la funzione deviante dei pigmenti dei coni rossi e deuteranomalia è la funzione deviante dei pigmenti dei coni verdi.
Cecità totale per i colori
La cecità totale per i colori non è associata a disturbi nei geni dei pigmenti ed è molto più rara del dicromatismo o del tricromatismo anomalo.
In casi molto rari, noti come acromatopsia cerebrale, deriva da delle lesioni nella corteccia celebrale nelle regioni di funzionamento del colore. Un caso di questo genere è stato descritto di recente dal neurologo Oliver Sack, “The case of the colorblind painter” nel suo famoso libro “An anthropologist on Mars”.
Molto più frequentemente (1 su 50.000) deriva dalla perdita delle funzioni dei tre tipi di coni nella retina. Questa patologia ereditata è clinicamente conosciuta come acromatopsia completa o monocromatismo dei bastoncelli, termini che enfatizzano il fatto che la vista dei colori è unidimensionale, acromatica e monocromatica e si fonda sui bastoncelli rimanenti.
Sebbene questi termini siano tecnicamente corretti, trascurano gli altri handicap che derivano direttamente dalla perdita della funzione dei coni e che gettano un’ombra sulla perdita totale della vista dei colori.
Prima di tutto i monocromatici sono severamente indeboliti nella loro acutezza visiva. La nostra più acuta discriminazione spaziale, come la più acuta visione dei colori, è mediata dalla zona foveale ad alta densità di coni (o retina centrale) con le adatte connessioni postrecettorali neurali. Sebbene i bastoncelli siano prevalenti nella retina rispetto ai coni (costituiscono più del 95% di tutte le cellule fotorecettori), sono esclusi da questa regione retinale. Inoltre, le loro connessioni postrecettorali neurali nel resto della retina sono ottimizzate per acquisire un’alta sensibilità assoluta a spese della risoluzione spaziale finale. Questo è completato dalla somma dei segnali dei bastoncelli su ampie aree della retina. Così l’acutezza visiva nell’ambito della cecità totale per i colori dipende dalla risoluzione spaziale del sistema visivo dei bastoncelli, che non supera mai il 10% di quella del sistema visivo normale dei coni.
Inoltre, i monocromatici dei bastoncelli sono fotofobici o ipersensibili alla luce chiara. I bastoncelli, a differenza dei coni, sono saturati da un eccessivo assorbimento di fotoni, che portano la risposta al di là del loro campo di funzionamento limitato. Di conseguenza, le persone affette da cecità totale per i colori sono facilmente abbagliate ed effettivamente accecate se esposte alla luce chiara del giorno. Per questa ragione questa condizione è spesso chiamata “cecità di giorno” nel Regno Unito. Se essi aprissero gli occhi in tali condizioni, la loro vista presto svanirebbe e tutte le strutture spaziali sarebbero perse.
Per prevenire questa situazione, socchiudono spesso gli occhi, sbattono le palpebre e preferiscono indossare occhiali da sole o lenti polarizzate quando si trovano all’esterno; tali strategie diminuiscono l’intensità della luce consentendo ai bastoncelli di lavorare nel loro campo di funzionamento.
Infine i monocromatici dei bastoncelli mostrano frequentemente un nistagmo orizzontale pendolare o tremolio dell’occhio. Questo è in relazione all’instabilità e lo spostamento della loro fissazione e presumibilmente deriva dalla perdita della visione foveale centrale dei coni. È come se il loro occhio, cui manca un punto fisso di ancoraggio, ne cercasse uno.
Base genetica molecolare
Sebbene sia stato da tempo stabilito che la monocromaticità dei bastoncellii sia associata alla perdita della funzione dei coni, la natura esatta del difetto dei coni è tuttora sconosciuta. In effetti solo due anni dopo che la distinzione funzionale tra coni e bastoncelli fu per la prima volta spiegata dall’anatomista tedesco Max Schultze nel 1866, Galezowski ipotizzò che i sintomi di coloro che oggi definiamo i monocromatici dei bastoncelli avrebbero potuto essere spiegati se i coni fossero devianti, sviluppati in modo incompleto o totalmente assenti e se le funzioni visive risiedessero solo nei bastoncelli. La sua interpretazione è stata a partire da quel momento confermata da analisi delle reazioni funzionali ed elettriche dell’occhio alla luce così come dalle misurazioni della riflessione ottica dello sbiancamento e della rigenerazione del fotopigmento disponibile. Queste ricerche hanno fornito ulteriori informazioni sul funzionamento dei bastoncelli nell’ambito del loro intero raggio d’azione dalla soglia alla saturazione, non oscurato dall’intrusione dei coni a livelli di luce più alti. In ogni caso, non sono stati in grado di spiegare perché i coni sono deteriorati.
Le ricerche istologiche sulla cecità totale per i colori sono state molto rare (solo quattro casi sono stati esaminati) e i risultati contrastanti. Nel primo caso analizzato, una donna di 29 anni, sono stati riscontrati coni scarsi e malformati nella fovea, ma distribuiti normalmente e modellati nella periferia dell’occhio; mentre, nel caso meglio documentato e più recente, quello di un uomo di 85 anni, i coni erano totalmente assenti nella fovea, distribuiti in modo anormalo vicino alla fovea e sensibilmente ridotti di numero (5-10% dei valori normali) nel resto della retina. E’ da rilevare che queste ricerche furono condotte in occhi di pazienti adulti, quindi non è molto chiaro se i coni fossero stati sempre devianti o assenti o se si fossero sviluppati in modo incompleto e successivamente fossero degenerati.
Di recente, comunque, Ted Sharpe e Herbert Jagle, lavorando con dei colleghi all’Università di Medicina di Tübingen, hanno fornito un importante indizio di cosa non funzioni nei fotorecettori dei coni. Essi hanno scoperto, infatti, un gene che è alla base della monocromaticità dei bastoncelli. Le loro ricerche furono stimolate da un evento geografico. Fu la notizia ottenuta da Thorpe, che Oliver Sacks stava progettando nel 1994 una spedizione a Pingelap, un atollo remoto nella catena Carolina della Micronesia. Aveva chiesto a Thorpe e ad una squadra di operatori della BBC di accompagnarlo per avere del materiale per un programma televisivo e per un libro da pubblicare eventualmente con il titolo di “The Island of the Colorblind”.
Pingelap aveva catturato l’attenzione del Dr. Sacks per l’incidenza della cecità totale per i colori che è straordinariamente alta, circa il 10%, 5.000 volte più frequente rispetto al resto del mondo. Quest’anomalia regionale è attribuita a un fondatore. Tutti gli abitanti affetti hanno la loro origine nel capo ereditario o nahnmwarki, un presunto portatore del gene dell’acromatopsia. La frequenza dell’allele mutante aumentò drammaticamente dopo un tifone, che attorno al 1775 inondò completamente l’isola. Solo circa il 20% degli abitanti sopravvisse alla devastazione, compreso il nahnmwarki. Probabilmente i suoi diritti, derivanti dal fatto di essere il capo, gli fornirono l’accesso privilegiato alle poche donne in età fertile e i suoi discendenti ebbero la possibilità di accedere meglio alla riserva di cibo drasticamente ridotta. Il primo bambino acromatico apparve attorno al 1820, nella quarta generazione dopo il tifone; e da allora l’incidenza rimase molto alta. La storia dell’isola è un classico esempio di percorso o movimento genetico, in cui fu ripopolata o fondata da un piccolo campione non rappresentativo della popolazione originaria più ampia. L’idea romantica del Dr. Sacks era di strappare un uomo affetto da cecità totale dal fiordo subartico della Norvegia e di farlo incontrare con gli abitanti dell’isola equatoriale baciata dal sole. Una sensazione di identificazione e di vincolo istantanei stavano per investire Pingelap, mentre altrove, la consapevolezza scientifica e pubblica del disordine stava nascendo. Era giunta l’ora di trovare un’origine molecolare del disordine.
Il primo passo essenziale verso l’identificazione di un gene causa della patologia trova la localizzazione cromosomica in un’analisi connessa, in gran parte un noioso lavoro di indagine. Abbiamo bisogno di campioni di DNA da molte famiglie indipendenti, preferibilmente appartenenti a diverse etnie e razze, con alcuni membri affetti dal disordine e altri no. Poiché il disordine è ereditato in modo recessivo autosomico, i campioni sono divisi in gruppi a seconda del fenotipo: i genitori non affetti, ognuno dei quali porta un gene difettato in uno dei cromosomi (eterozigoti non affetti), bambini affetti, ognuno dei quali ha ereditato un gene difettato da entrambi i genitori (omozigoti affetti), e i bambini non affetti, ognuno dei quali ha ereditato un singolo gene o dal padre o dalla madre (eterozigoti non affetti) o un gene normale da entrambi i genitori (omozigoti non affetti).
Reclutare questo tipo di famiglie comporta l’invio di parecchie lettere per trovare medici che abbiano accesso a questo tipo di pazienti, la spiegazione dell’importanza della ricerca, il convincimento delle famiglie a collaborare e la coordinazione, il prelevamento e la spedizione dei campioni di sangue per le analisi del DNA. Attraverso le facilitazioni di un data base a livello nazionale sulle patologie e sui disordini della retina, organizzato all’Eye Hospital di Tübingen, un gruppo di famiglie era già disponibile e pienamente fenotipo.
Altre famiglie furono reclutate dagli Stati Uniti d’America e dalla Norvegia, compresa quella di Thorpe, i cui fratello e sorella presentavano il disordine – un evento statisticamente raro, in quanto l’eredità recettiva autosomica prevederebbe che solo il 25% dei bambini di genitori portatori dovrebbe essere affetto.
Dopo che le famiglie sono state reclutate, deve essere presa una decisione strategica a proposito di dove cercare il gene affetto. Il genoma umano è vasto: da 50.000 a 100.000 geni si suppone siano localizzati in 23 coppie di cromosomi. Fin qui i disturbi in circa 40 di loro – compresi quelli che decodificano pigmenti visivi dei coni – sono stati identificati nei disordini della retina. La maggior parte dei genomi è ancora territorio inesplorato. La loro mappa e il loro ordine di sequenza dovrebbero essere completati nel 2003.